lunedì 1 febbraio 2021

Provvisorio

 



In famiglia la cassetta degli attrezzi era custodita da mamma. Ci si rivolgeva a lei quando occorreva un cacciavite, la tenaglia, un chiodo. Se serviva una brugola bisognava specificarne il numero e se non andava bene, solo alla restituzione dell’arnese troppo piccolo veniva consegnato quello di una misura in più. Papà non amava le domande, soprattutto quando era divorato dal fuoco creativo dell’opera, così preferiva comprare l’occorrente di volta in volta dal ferramenta.

Il giorno che costruì il recinto per le galline, per proteggerle da una fantomatica faina, tornò con la rete metallica, paletti di ferro, badile, mazzetta, pinza, filo di ferro, chiodi.

Noi tre bambini, presentammo pronta richiesta di partecipazione alla costruzione ma, il mio entusiasmo salterino a mani giunte, i gesti di sfida e le minacce di Paolino e l’intraprendenza del piccolo Sandrino che girovagava già a ritroso, trascinando a due mani per il cantiere il martello, non servirono ad avallare la domanda. Lo avremmo rallentato, gli avremmo confuso le idee, probabilmente ci saremmo fatti male e per finire: “…la gente cosa avrebbe detto”.

Seduti sul muretto a guardare; il recinto non era perfetto, qualche palo non era in bolla, in qualche punto la rete non chiudeva bene, per chiudere e aprire il cancellino si doveva far pressione verso l’alto alzandolo.

Dopo l’ultimo chiodo piantato, papà si tirava dritto e con un bel respiro profondo esclamava “Oooh va che bel!” Poi si rivolgeva ai nostri sguardi dubbiosi con: “eeeh?”, “va minga ben?”, “…pruvisòri”.

Tutta la sua vita fu provvisoria. Provvisoria la casa, l’arredamento, l’auto, la sistemazione in hotel delle vacanze estive.

Papà era l’uomo del provvisorio. L’uomo che si attivava solo in stato di urgenza ed emergenza mettendo pezze con ciò che aveva, come chi per non affogare nel mondo tappa il buco della barca, su cui siamo tutti, con un salame.

Ti voglio bene pà.