lunedì 27 settembre 2021

Pericolo Giallo


Torna indietro ti prego.

Non farlo. Non adesso.

Sul ciglio della strada col collo tirato verso l’alto, attenta a valutare il momento giusto per attraversare, l’anatra non riceve i miei messaggi telepatici che rimbalzano di rimando sul cristallo del parabrezza.

Rallento fluido i miei sessantacinque all’ora a zero. Sono fermo, sulla carreggiata con le quattro frecce, davanti all’anatra che sicura e tranquilla decide di attraversare ora. Al di là della strada c’è il canale e oggi la lezione di nuoto. L’erba a bordo strada sputa un piccolo anatroccolo dopo l’altro che in fila indiana si accodano alla mamma. Giunge in lontananza una fila d’auto. Lampeggio, suono, agito la mano dal finestrino. Il primo della fila non accenna a rallentare. I sensori di serie che individuano ostacoli sulla carreggiata non sono ancora così diffusi. Comincio ad agitarmi. Esiste una prassi, una sorta di comportamento standard, una direttiva da adottare per segnalare un pericolo, un attraversamento imprevisto, alle auto che sopraggiungono?

A parte il lancio del triangolo catarifrangente a mo’ di boomerang non mi viene in mente altro.

La mamma anatra sculetta sull’asfalto, si sente sicura, intoccabile come un immortale adolescente, come un highlander del clan MacLeod. Gli obbedienti, diligenti piccoli la seguono in fila indiana, si fidano, è la loro mamma. Se l’auto non rallenterà e l’anatra non si affretterà, abbandonando lo status di: “a passeggio col gelato dopo cena”, verranno investiti e stritolati. Mi immagino la scena nei minimi particolari, l’orrore, la tristezza e la rabbia generata dall’impotenza e dall’ingiustizia giustificherebbe l'imbracciare una mitragliatrice M60 su bersaglio di pneumatici. A pochi metri dall’impatto, l’auto che sopraggiunge inchioda, le gomme stridono, il ghiaietto scricchiola, la fila di anatroccoli si rompe, si ricompatta, accelera il passo e attraversano tutti.

Domani scaricherò dal bagagliaio l’attrezzatura per il guerrilla gardening è lo riempirò di tubi e cartelli per il guerrilla road-sign.

lunedì 1 febbraio 2021

Provvisorio

 



In famiglia la cassetta degli attrezzi era custodita da mamma. Ci si rivolgeva a lei quando occorreva un cacciavite, la tenaglia, un chiodo. Se serviva una brugola bisognava specificarne il numero e se non andava bene, solo alla restituzione dell’arnese troppo piccolo veniva consegnato quello di una misura in più. Papà non amava le domande, soprattutto quando era divorato dal fuoco creativo dell’opera, così preferiva comprare l’occorrente di volta in volta dal ferramenta.

Il giorno che costruì il recinto per le galline, per proteggerle da una fantomatica faina, tornò con la rete metallica, paletti di ferro, badile, mazzetta, pinza, filo di ferro, chiodi.

Noi tre bambini, presentammo pronta richiesta di partecipazione alla costruzione ma, il mio entusiasmo salterino a mani giunte, i gesti di sfida e le minacce di Paolino e l’intraprendenza del piccolo Sandrino che girovagava già a ritroso, trascinando a due mani per il cantiere il martello, non servirono ad avallare la domanda. Lo avremmo rallentato, gli avremmo confuso le idee, probabilmente ci saremmo fatti male e per finire: “…la gente cosa avrebbe detto”.

Seduti sul muretto a guardare; il recinto non era perfetto, qualche palo non era in bolla, in qualche punto la rete non chiudeva bene, per chiudere e aprire il cancellino si doveva far pressione verso l’alto alzandolo.

Dopo l’ultimo chiodo piantato, papà si tirava dritto e con un bel respiro profondo esclamava “Oooh va che bel!” Poi si rivolgeva ai nostri sguardi dubbiosi con: “eeeh?”, “va minga ben?”, “…pruvisòri”.

Tutta la sua vita fu provvisoria. Provvisoria la casa, l’arredamento, l’auto, la sistemazione in hotel delle vacanze estive.

Papà era l’uomo del provvisorio. L’uomo che si attivava solo in stato di urgenza ed emergenza mettendo pezze con ciò che aveva, come chi per non affogare nel mondo tappa il buco della barca, su cui siamo tutti, con un salame.

Ti voglio bene pà.