mercoledì 20 gennaio 2021

Appuntamento al Buio




Questo è un racconto di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti storici, personaggi o luoghi è puramente casuale.
Io non sono lui e lei non sei tu.


Un proverbio Sufi afferma che colui che beve un poco di qahwa non andrà all’inferno, così ne ordino uno doppio. Il soffio sulla cioccolata calda di lei è brezza tiepida sul mio viso, è il nostro secondo contatto fisico, il primo è stato appoggiargli le mani ai fianchi e baciarla sulle guanciotte sotto la luce gialla di un lampione al parcheggio della stazione. "Scotta" dice, pestando rovinosamente la tazza sul piattino per poi subito accomodarla con la grazia del mignolo in su. Non c'è fretta baby doll, non abbiamo un progetto, non ci conosciamo, siamo qui solo per testare se scatta la molla. Adoro ficcarmi in queste situazioni estranee, senza un motivo, senza un obbiettivo, senza alcun senso, come venire catapultato in un fotogramma di chissà quale film in bianco e nero nel quale non mi oriento. Barcollo, la mente tende a perdere l'equilibrio. Ci sono attimi nei quali mi sfugge la percezione, come se si abbassasse lentamente il volume della colonna sonora a zero e sentissi l'anima evaporare dai pori, ballarmi innanzi e guardarmi interrogativa, e poi, mi sento mancare. Per sfuggire al collasso faccio cadere qualcosa, le chiavi, il suo collo del piede mi distrae. È peloso.


Torno in postazione con gli avambracci appoggiati al tavolino, parte con la favella, la osservo, fingo interesse, annuisco spalancando gli occhi quando si aspetta un sì, sorrido battendo le ciglia quando ride e nel dubbio sorseggio il mio caffè. Dicono che l’atteggiamento che si ha col cibo e con il sesso siano correlati. Velocità nel consumare, assaporare, sezionare, scartare, giocare, ripulire il piatto o avanzare qualcosa. Bere una cioccolata non rivela un granchè. Le labbra di lei si avvicinano al bordo e si allontanano soffiando. Sono chiare, sottili. Corre voce che labbra e capezzoli abbiano consistenza, rugosità e colore affini. Dovrebbe avere i capezzoli chiari. Interessante se fossero scuri come la cioccolata, larghi quanto la tazza e grinzosi come la pellicola che si forma in superficie, in marcato contrasto con gli occhi chiari e le lentiggini. Il collo del piede promette che il "the ring of fire" si trovi nel bel mezzo di una foresta selvaggia con tane di leoni e nidi di leopardi. Il respiro si accorcia, il collo pulsa. Mi piace già. Finite le consumazioni, gli argomenti e le fantasie ci guardiamo in silenzio. Non è andata male. Ti accompagno a casa? ...


Parcheggio l’auto sotto casa di lei. Non è risoluta, stiamo li fermi col brontolio del motore che si arrampica rimbalzando da un muro all’altro del vicolo. Scommetto che abbiamo lo stesso pensiero: sono io, ora, la persona che vuole? Se mi sceglierà, succederà. Aspettiamo, fermi come due foglie secche su un albero resinoso e senza vento. Il mio sangue è più ghiaccio di quello di un serpente e lei per certo non ribolle in pentola. Mi invento di fare partire Zingara della Zanicchi che dopo 30 secondi la adagia sul trappolone della tela del ragno, non fa resistenza, si abbandona e mi bacia. Il tempo rallenta, ogni attimo un pensiero. Porca miseria, non è possibile, ma chi è? Chi sono? Il bacio è lento... ma lungo... che buon sapore... perchè proprio me?.. non ci conosciamo neppure... forse ogni sera... bacia un uomo diverso... e alla sua collezione mancava Calimero... ora ci vorrebbe... "Una Musica Può Fare" di Max... e un telecomando neurale per l'ipod... Trattiene un gemito che mi stende, si allontana... "sali?" Sistemo l'auto dove ci sta, scendo, le apro la portiera, la aiuto a scendere sfiorandole la mano, chiudo. Mai successo la prima sera e di incontri al buio pesto ne ho avuti. Almeno due, contando questo. Mi scorta fin davanti alla porta di un piccolo condominio anni 60 ristrutturato. Al primo gradino toglie una scarpa, al secondo sfila l'altra e la fa girare con un dito. Sono intontito. “Ho tolto le scarpe per fare all'amore”, sto per rischiare lo stramazzo, ma no, ho capito male, "Ho tolto le scarpe per non fare rumore" ha detto, appoggiandomi l’indice alla punta del naso...


Gira lentamente la chiave nella porta di casa ritraendo a scatto il collo nelle spalle in sincronia col tac della serratura. Fa strada, mi affaccio alla soglia. Sotto un affastello di libri e riviste, un computer portatile, scatole di medicinali, un computer, maglioni magliette e una gonna, bollette delle utenze, un vaso di caramelle, pinza e cacciaviti,  l’”apparecchio” della cena e quello che un apecar con ribaltabile può avergli scaricato sopra, ci dev’essere il tavolo. Lo stendipanni coi bianchi, al centro della stanza e il disordine mi mettono a mio agio. Non è un invito preterintenzionale. Non è la saponatrice di Castelpistillo. Ci abbracciamo in piedi scambiandoci calorose ed espansive manifestazioni d’affetto. Il ballo zoppo che ci tiene in equilibrio a colpi di spigoli contro gomiti e ginocchia ci porta in camera e a sedere sul letto. Attraverso i capelli di lei intravedo il grosso armadio antico di famiglia. Lei non è la Cianciulli, bene, speriamo che nell’armadio non ci sia Barbablù. Deve andare in bagno, sento il bidet, io dovrei essere a posto. Quando torna è tutto da rifare. Effusioni, piff piff, puff puff e quando cerco di arrivare al punto, mi ferma, deve tornare in bagno, un attimo. Il rumore della caldaia del riscaldamento che si accende mi impedisce di capire cosa stia facendo, se lavandosi i capelli o un pediluvio.  Tra le possibili varianti mi viene da pensare anche ad un problema di salute. Potrebbe essere una sintomatologia non contagiosa, potrebbe essere un'infiammazione della prostata e lei/lui un trans… Il collo del piede. Cerco la via di fuga, la chiave non è nella toppa e le finestre al secondo piano. Mi restano due possibilità, sotto il letto o nell’armadio con Barbalù.  Massì dai respira, non formalizziamoci, mia mamma a tavola me lo diceva sempre “Come fai a dire che la zuppa di astracan non ti piace se non l’hai mai assaggiata?" Assaggiala e poi dici.” Niente dai, lei era donna, ci siamo divertiti, abbiamo giocato all’Ultimo Tango a Castelpistillo e non ci siamo risentiti ne visti mai più.