giovedì 7 giugno 2018

Tentata Vendita




Parcheggio l’auto in pieno sole di fronte al bar. Sono giorni che lo tengo d’occhio. Hanno cambiato gestione, stanno ristrutturando e non c’è niente di più facile che vendere pubblicità ad una nuova attività. Non mando mail, non telefono, non prendo appuntamenti, salto dentro all’arrembaggio quando meno se lo aspettano. Prima che aprano bocca ho già in mano penna e contratto e inizio a scrivere. Sono un tipo insicuro, ultimamente anche eclettico dicono, per questo esagero. Non è una buona idea parcheggiare l’auto di fronte al bar, potrebbero vederla.

Ha vent’anni, la carrozzeria è ammaccata, graffiata, gratuggiata, abrasa, scolorita, attaccata da uno stormo di picchi rossi. Non la lavo da quattro anni per paura che si sciolga. Verifico che radio, ventola e luci siano spente per permettere alla batteria di fornire tutta la potenza disponibile esclusivamente al motorino d’avviamento. Giro la chiave dell’accensione. Il suono di un gatto in fuga con una lattina legata alla coda, di un bambino che con un cucchiaio di legno pesta forte su di una latta e di un barbiere che affila il rasoio sulla cinghia di cuoio, mi confermano che il motore si è acceso. All'incedere di una stonata manfrina a manovella danzata da bielle e pistoni, riparcheggio in una via laterale dietro ad un cespuglio ricoprendo il tetto e il cofano con arbusti secchi. Avvio la preparazione psico-fisica per l’appuntamento a sorpresa. Con sette respiri violenti per l’ossigenazione del cervello, mi accorgo di esagerare quando a pugni chiusi, tossisco e sputo una foglia aspirata da terra che mi si era incollata in gola. Sostituisco gli occhiali da sole con quelli da vista e mi avvio a piedi alla meta controllando che la patta dei pantaloni sia chiusa. E’ il mio giorno fortunato, la porta del bar è semiaperta. Allungo il collo nel pertugio ed entro con la stessa discrezione di Diabolik nel furto di diamanti al museo. Li vedo, sono in tre a ridosso di un tavolino appoggiato a gambe all'aria su di un altro tavolino. Stanno cercando di infilare l'ultima vite che assicurerà la gambe al piano del tavolo. Mi avvicino e li osservo. La mia vista li spaventa in un muto urlo di terrore fotografandoli in posizioni innaturali. Il basettone biondo rockabilly molla la mascella fino ad appoggiare il mento al tavolino, il paccioccotto in tuta blu aggrappato al tavolino viene sopraffatto da un attacco di tosse asinina e il terzo nella stessa posizione di chi seduto sul water si accorge dello stronzo che gli è rimasto attaccato al culo solo quando alzandosi, si stacca e centra in pieno le mutande calate.

Saluto e senza presentarmi, chiedo del titolare.

Nessuno parla, nessuno si muove, nessuno respira. Non riescono ad inquadrarmi, non capiscono chi io sia, le mie narici si dilatano aspirando a pieni polmoni l’odore della loro paura. Non vesto consueto, vesto elegante ma scombinato. Scelgo i miei capi con l’attenzione di un uomo nudo inseguito da un killer che correndo attraverso le bancarelle del mercato, arraffa capi d’abbigliamento a vanvera tanto per coprirsi e far cessare le urla stridule delle vecchiette appena uscite dalla messa.

Necessitando di una borsa che raccolga listini e contratti, mi è parsa una buona idea avvalermi di una di quelle borse da bici che si attaccano al manubrio della bicicletta.

Guardano me e la borsa, la borsa e me e percepisco il loro disorientamento per la borsetta da ciclista che porto a tracolla che non riescono a decifrare. Chi sarò? Le traiettorie degli sguardi corrono veloci come su un circuito Polistil, la palpebra di un occhio sbarrato vibra, una goccia della fronte esplodendo fa, plic. Mi godo il quadretto in silenzio, l’attimo di celebrità, dell’abuso di potere, immaginandomi ufficiale della finanza, dell'inps, dell'inail, dell'asl del ciuli fruli o giuli.

Quando mi presento come il più grande venditore terracqueo mondiale di pubblicità, la tensione evapora e tutti insieme tiriamo un bel respiro di sollievo, Mai ricevuta tanta accoglienza nel vendere pubblicità. Feci un bel contratto quel giorno, firmarono tutto.

Il giorno dopo, sul giornale lessi del loro arresto.

Nascondevano il vecchio titolare del bar nel congelatore.



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